Giornata Nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo

7 febbraio 2020: Giornata Nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo

Le parole feriscono, molto più di quanto si creda. Soprattutto se la potenza degli insulti arriva tramite il web. Ogni giorno in molte scuole si registrano episodi di bullismo e cyberbullismo, un ragazzo su quattro in Italia tra 11 e 17 anni è stato coinvolto. ll bullo c’è sempre stato ma negli ultimi anni si riscontra maggiore rabbia, aggressività, mancanza di empatia. E si abbassa l’età: prima il bullo aveva dai 14 ai 16 anni; ora si inizia già tra i 7 e gli 8 anni.

La definizione di bullo risale al 1996, allorchè Dan Olweus ha affermato che “uno studente è vittima di bullismo, ovvero è prevaricato e vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, ad azioni offensive da parte di uno o più compagni”. In linea generale sono
identificabili tre tipi di comportamento aggressivo, tutti e tre caratterizzati da intenzionalità, persistenza e squilibrio di potere:
violenza fisica diretta
• violenza verbale
• violenza relazionale (indiretta) caratterizzata da violenza psicologica (diffamare, isolare, escludere la vittima).

Nel caso poi degli adolescenti, un abuso, nell’era dei social network, rischia di divenire “virale”. È importante quindi un intervento precoce, agendo sia sulla vittima sia sul bullo perché sono entrambi espressioni, uguali ma opposte, di un profondo disagio affettivo e relazionale. Il rischio è anche quello di sviluppare da adulti crisi di ansia, autostima, depressione o comportamenti antisociali.
Ma quali sono i campanelli di allarme?

-alterazioni dell’umore, come aggressività, nervosismo, irrascibilità, ma anche depressione, apatia e ricerca della solitudine

-uso prolungato o abuso di dispositivi elettronici (smartphone, tablet) con difficoltà al distacco

-disturbi somatici, quali perdita di peso o incremento eccessivo, mal di testa, alterazione del sonno, disturbo di concentrazione scolastica

I genitori rappresentano un modello importantissimo da cui i figli prendono l’esempio sin dai primi anni dell’infanzia; di solito i comportamenti vissuti in famiglia vengono riproposti nella relazione con i coetanei. Genitori permissivi, che difendono i figli in ogni occasione e spesso senza una valida ragione, possono favorire atteggiamenti aggressivi e arroganti nei confronti dei loro compagni più deboli.

In generale un contesto educativo e culturale che propone modelli violenti, che istiga la competizione, che giustifica l’uso della violenza e la utilizza per far valere le proprie idee, è predisponente a comportamenti da “bullo”.

Tuttavia, se i genitori sono presenti ed attenti, se hanno un dialogo costante con i propri figli, se educano al rispetto e all’accoglienza dell’altro e del diverso, se li aiutano a perseguire degli obiettivi, spesso riescono a tenerli lontani dai contesti che possono favorire l’insorgenza di questi atteggiamenti aggressivi.

Dal 2017 c’è una legge che protegge le vittime di bullismo e cyberbullismo, ma bisogna rafforzare la prevenzione, un’operazione culturale che necessiterebbe di adeguati finanziamenti che sono invece del tutto insufficienti, soprattutto per le scuole.